In questa guida scopriamo nel dettaglio cos’è il danno catastrofale e come ottenerne il risarcimento in caso di morte di un proprio congiunto a causa di un atto illecito altrui.
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Cos’è il danno catastrofale? Il danno catastrofale consiste nella sofferenza, spirituale o intima, patita dalla vittima nell’assistere al progressivo svolgimento della propria condizione esistenziale verso il fine-vita.
Fa parte della categoria del danno non patrimoniale (ex art. 2059 c.c.) ed è rivendicabile iure hereditatis dai familiari (Cass.,7126/2013), in quanto patito dalla vittima prima del suo decesso.
Le vittime di malattia professionale e di esposizione a cancerogeni, come l’amianto, hanno diritto alll’integrale risarcimento dei danni. Il ristoro dei pregiudizi subiti spetta agli eredi legittimi, in caso di decesso causato dalla malattia. Tra i danni figura anche il danno catastrofale, che fa parte dei danni non patrimoniali, insieme al danno morale, biologico ed esistenziale.
L’ONA-Osservatorio Nazionale Amianto e l’Avv. Ezio Bonanni assistono tutte le vittime di malattia professionale e i familiari superstiti per la difesa di tutti i diritti spettanti per legge.
Il danno catastrofale fa riferimento a un bene essenziale: la vita. Il diritto alla vita è riconosciuto dall’art. 2 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, dall’art. 3 della Dichiarazione universale dei diritti umani e dall’art. 2 della Costituzione italiana. Perciò il bene vita assume rilevanza in termini economici in quanto, la sua lesione o aggressione, può essere fonte di risarcimento.
In particolare, il danno catastrofale rappresenta un tipo di pregiudizio che attiene alla psiche del soggetto. Infatti la vittima, essendo cosciente nell’intervallo di tempo che va dall’evento lesivo all’evento morte, si rende conto dell’arrivo imminente dell’exitus.
Perché possa sussitere il danno catastrofale quindi la vittima deve avere consapevolezza della propria fine imminente intesa come “percezione della morte incombente, di una catastrofe non evitabile ma che inesorabilmente si avvicina, annientando tutte le funzioni vitali, fino all’ultimo respiro”. Per questo è anche chiamato danno da lucida agonia.
Il danno catastrofale viene definito come “la paura di dover morire, provata da chi abbia patito lesioni personali e si renda conto che esse saranno letali“.
I presupposti che indicano la presenza del danno catastrofale (Cass., 29492/2019) sono:
Infatti, secondo la Suprema Corte, il danno catastrofale consiste in una manifestazione psichica-emotiva profonda del soggetto umano e dunque in una riflessione e comprensione dell’irreversibile processo che in breve tempo determinerà il venire meno della propria esistenza.
La Corte esclude, perciò, il risarcimento di questo danno in tutti i casi in cui, nel periodo di sopravvivenza, vi sia assenza di attività cerebrale e il soggetto sia in stato di totale incoscienza (stato vegetativo). Per questo motivo per il risarcimento del danno catastrofale è essenziale la prova della “cosciente e lucida percezione” del sopraggiungere della propria morte, poiché, in assenza di essa, non esisterebbe l’antefatto logico (recte fattore) determinante la sofferenza.
La giurisprudenza è divisa nel riconoscere il danno catastrofale. Per esempio un primo orientamento lo considera di natura morale. Per questo è chiamato anche danno morale soggettivo.
Secondo questa prospettiva, il pregiudizio catastrofale consiste in una forma lessicale descrittiva di un danno morale di estrema intensità, in quanto riflette il senso di disperazione del soggetto in attesa consapevole della propria morte, evento avvertito come ineluttabile. Essendo un danno risarcibile esclusivamente iure hereditatis, esso si estrinsecherebbe nella sofferenza, nello sconforto e nel turbamento patito dai familiari della vittima. Irrilevante sarebbe ogni riferimento alla durata del pregiudizio, caratteristica tipica del danno biologico. Conterebbe solamente l’intensità della sofferenza.
Un orientamento minoritario sostiene la natura biologica del danno catastrofale. La particolare intensità della sofferenza patita dalla vittima in quell’intervallo temporale andrebbe a sopperire la valutazione della durata del pregiudizio e della brevità della vita residua.
Hanno chiarito la questione le Sezioni Unite, le quali hanno privilegiato la tesi della natura morale del danno catastrofale. Si sostiene, infatti, che la sofferenza provata dalla vittima si esplicherebbe in un forte e intenso turbamento. Esso però non potrebbe essere ricondotto a una patologia della psiche, requisito indispensabile del danno biologico.
Spesso si confonde il danno catastrofale con il danno biologico terminale. La Corte di Cassazione si è pronunciata con delle precisazioni che aiutano a chiarire la differenza:
“Per il danno morale terminale o da lucida agonia o catastrofale o danno catastrofico, subito dalla vittima per la sofferenza provata nell’avvertire coscientemente l’ineluttabile approssimarsi della propria fine, assume rilievo il criterio dell’intensità della sofferenza provata, a prescindere dall’apprezzabile intervallo di tempo tra lesioni e decesso della vittima. Nella diversa ipotesi di morte cagionata dalla lesione, quando tra le lesioni colpose e la morte intercorra un apprezzabile lasso di tempo (nel caso in esame 3 giorni), viene ritenuto risarcibile il danno biologico terminale” (Cass., 6691/2018).
Inoltre aggiunge che per il tempo di permanenza in vita, per effetto della percezione, anche non cosciente, della gravissima lesione dell’integrità personale della vittima nella fase terminale della sua vita, il diritto di credito al relativo risarcimento viene ritenuto trasmissibile iure hereditatis.
Il danno biologico terminale, essendo pregiudizio della salute, è massimo nella sua entità e intensità (Cass., 3549/2004). Infatti conduce a morte un soggetto in un limitato ma apprezzabile lasso di tempo (Cass., 3766/2005).
Il danno non patrimoniale ha una natura composita. È composto da molteplici voci aventi una rilevanza meramente descrittiva e non una differenza ontologica. Nonostante l’esistenza di varie tipologie, il giudice liquida il risarcimento in un’ottica unitaria. Infatti non è possibile considerare due o più volte le stesse voci, che si differenziano solo mediante le diverse denominazioni formali (Cass., 1361/2014 e Cass., 3374/2015).
Per quanto riguarda per danno catastrofale quantificazione, esso prima entra a far parte del patrimonio della vittima e poi può essere invocato dagli eredi, come pregiudizio iure hereditatis.
Tale voce di danno è liquidabile dal giudice esclusivamente in via equitativa, tenendo conto dell’enormità della sofferenza psichica patita e della durata di tale sofferenza (Cass. Civ., Sez. III, ordinanza 16592/2019).
Il calcolo si basa sulle tabelle riguardanti l’invalidità temporanea, secondo gli importi massimi previsti per il danno biologico temporaneo assoluto. Questo sistema assegna a ogni giorno di sofferenza una valutazione monetaria decrescente. Essa eguaglia il valore del danno biologico temporaneo ordinario al raggiungimento del centesimo giorno. Perciò il periodo di tempo risarcibile per questa voce di danno è limitato.
Inoltre, in sede di liquidazione, il giudice dovrà effettuare una valutazione personalizzata. Terrà così conto anche delle circostanze del caso concreto e dell’entità della lesione alla salute, talmente grave da non permettere più alcun recupero (Cass. Civ., Sez. III, 3374/2015).
I primi 3 giorni possono essere risarciti secondo valutazioni personalizzate del giudice in base alla gravità eccezionale dell’evento fino a un tetto massimo di 30.000 euro. Dal quarto giorno in poi, la liquidazione del danno sarà comunque personalizzabile, a seconda delle peculiarità concrete del caso, fino a un aumento massimo del 50% del valore espresso in tabella.
Infine l’entità del risarcimento valuta anche l’età della vittima e il contesto socio-economico di riferimento.
Per ottenere l’integrale ristoro dei danni (danni patrimoniali e non patrimoniali) è possibile rivolgersi all’Osservatorio Nazionale Amianto per l’assistenza legale gratuita. Nei casi di mesotelioma la tutela legale passa spesso dal malato agli eredi legittimi, perché si tratta di una delle malattie asbesto correlate più aggressive e ad esito spesso infausto.
Anche la monografia IARC, “Asbestos – chrysotile, amosite, crocidolite, tremolite, actinolite and anthophyllite“, ha confermato la pericolosità delle fibre di asbesto. Per questo l’ONA mette a disposizione anche un servizio gratuito di assistenza medica, per ottenere maggiori informazioni sulle terapie e centri specializzati disponibili sul territorio.
Per chiedere la consulenza gratuita basta chiamare il numero verde o compilare il form.