Registro mesoteliomi: importanza della prevenzione primaria

Il Registro Mesoteliomi prende nota dei casi di mesotelioma in Italia. Il mesotelioma, tra le patologie asbesto correlate, è la più aggressiva e ad esito spesso infausto. Essendo la sua unica causa di insorgenza rintracciabile nell’esposizione ad alte dosi di amianto, funziona come una sorta di marcatore sociale in gradi di evidenziare i dati di esposizione, presenza di amianto e categorie colpite.

I casi raccolti nel Registro mesoteliomi

L’unico modo per impedire l’insorgenza del mesotelioma e delle altre patologie asbesto correlate è la prevenzione primaria, che consiste nell’evitare qualunque tipo di esposizione all’amianto. Tuttavia la mancata bonifica in Italia causa esposizioni tuttora in atto, come si evince dai dati del registro mesoteliomi.

L’ONA-Osservatorio Nazionale Amianto e il presidente, l’Avvocato Ezio Bonanni, sono in prima linea per incentivare le bonifiche ed eliminare il rischio amianto.

Dati del Registro mesoteliomi: cos’è?

Il Registro nazionale dei mesoteliomi (ReNaM) è istituito dall’INAIL, Dipartimento di medicina, epidemiologia, igiene del lavoro e ambientale. I suoi compiti e le sue modalità e procedure operative sono definite dal d.p.c.m. 308/2002.

È un registro aggiornato che censisce tutti i casi di mesotelioma nel nostro Paese. Permette di analizzare i dati tenendo conto di diverse variabili: età, sesso, professione e accertata esposizione all’amianto. In quest’ultimo caso permette di analizzare i dati riguardo alla percentuale di esposizione ambientale e lavorativa.

Si tratta dunque di uno strumento indispensabile dal punto di vista dell’analisi del dato epidemiologico. Il suo aggiornamento è fondamentale per la messa a punto delle politiche di prevenzione. In particolare per la prevenzione terziaria, la presenza del dato epidemiologico permette di assicurare la tutela legale dei lavoratori esposti all’amianto e dei loro familiari.

L’intero territorio nazionale è coperto dalla sorveglianza e registrazione dei casi di mesotelioma maligno della pleura, del peritoneo, del pericardio e della tunica vaginale del testicolo. Tuttavia la rilevazione non presenta caratteri di completezza in tutte le Regioni e in qualche caso l’operatività del Centro operativo regionale (COR) è limitata dalla inadeguatezza delle condizioni operative. In particolare sono attualmente sospese le attività di sorveglianza nella regione dell’Abruzzo e della Campania, dove il COR è inattivo da tempo con grave danno per la rete nazionale.

Anche l’ONA ha raccolto i dati registrati di casi di mesotelioma nel I Rapporto Mesoteliomi e nel II Rapporto Mesoteliomi. Questi risultati confermano quelli evidenziati dall’INAIL.

Il VII Rapporto Mesoteliomi RENAM: cos’è?

L’ultima edizione presentata dall’INAIL è il VII Rapporto Mesoteliomi del ReNaM. Il VII Rapporto del ReNaM riferisce dei casi di mesotelioma rilevati dalla rete dei COR del ReNaM con una diagnosi compresa nel periodo 1993 – 2018.

Sono descritte le misure epidemiologiche di incidenza, l’età media alla diagnosi, il rapporto di genere e la distribuzione territoriale. Inoltre sono riportati i settori di attività economica e le mansioni maggiormente coinvolte nell’esposizione ad amianto.

Purtroppo la situazione di emergenza sanitaria determinata dalla diffusione del virus Covid-19 ha avuto un impatto considerevole sulla capacità operativa dei COR. I sistemi sanitari regionali sono stati necessariamente chiamati a fronteggiare la crisi epidemica con ogni risorsa disponibile e, in qualche caso, questo ha determinato condizioni di difficoltà operativa anche per i COR, sia nella rilevazione dei casi incidenti sia nella capacità di analisi anamnestica delle modalità di esposizione ad amianto.

Registro mesoteliomi: i risultati in sintesi

Il VII Rapporto Mesoteliomi riporta informazioni relative a 31.572 casi di mesotelioma maligno. Oltre il 50% dei casi rilevati sono registrati fra i residenti in Lombardia, Piemonte, Liguria ed Emilia-Romagna (56,7%). La sede anatomica di insorgenza è la pleura per il 93,2% dei casi e il peritoneo per il 6,3%. Sono presenti inoltre 63 casi di mesotelioma del pericardio e 91 della tunica vaginale del testicolo. Per l’81% dei casi la diagnosi è di mesotelioma maligno certo (con conferma istologica).

Fino a 45 anni la malattia è rarissima (solo 1,4% del totale dei casi registrati). L’età media alla diagnosi è di 70 anni, senza differenze apprezzabili per genere. Il 72% dei casi archiviati è di sesso maschile. La percentuale di donne passa dal 27,2% per i mesoteliomi pleurici a 33,3% e 41% rispettivamente per i casi del pericardio e del peritoneo.

Le modalità di esposizione sono state approfondite per 24.864 casi (78,8%) e, fra questi, il 69,1% presenta un’esposizione professionale (certa, probabile o possibile), il 5,1% familiare, il 4,3% ambientale, l’1,5% per un’attività di svago o hobby. Per il 20% dei casi l’esposizione è improbabile o ignota. La percentuale di casi di mesotelioma, quindi, per i quali l’analisi anamnestica ha rilevato un’esposizione ad amianto lavorativa, ambientale, familiare o a causa di attività ricreative è, sull’intero set di dati, pari all’80%.

I settori di attività maggiormente coinvolti sono l’edilizia (16,2%), la metalmeccanica (8,8%), il settore tessile (6,3%) e le attività dei cantieri navali, sia di costruzione che di riparazione e manutenzione (7,4%).

Registro mesoteliomi: rischio amianto in Italia

Come si evince dal rapporto, il numero dei mesoteliomi è in aumento. Questa neoplasia può manifestarsi anche a distanza di 40-50 anni dalla prima esposizione alle polveri e fibre di amianto. Il periodo di più intenso utilizzo è stato quello dagli anni Sessanta fino all’inizio degli anni Novanta. Data la latenza di questa malattia il picco è previsto proprio per il decennio 2020-2030.

Questo fenomeno è causato dalle circa 40 milioni di tonnellate di amianto, ancora oggi, diffuse nel territorio e spesso lasciati in condizioni di degrado. Infatti più di 34 milioni sono in matrice compatta e il resto in matrice friabile. I minerali di amianto sono presenti anche in edifici pubblici, come scuole e ospedali, come denuncia la pubblicazione dell’Avvocato Bonanni “Il libro bianco delle morti di amianto in Italia -Ed.2022“.

A questa emergenza si aggiunge quella legata agli acquedotti, ancora in larga parte costituiti di fatiscenti strutture in cemento amianto. Questi, oltre a perdere circa il 40% dell’acqua, contaminano quella residua, con fibre di amianto che vengono quindi ingerite, provocando gravi danni alla salute

L’amianto non provoca solo il mesotelioma. Occorre tener conto anche delle altre malattie asbesto correlate, come il tumore polmonare, tumori delle vie aeree e del tratto gastrointestinale e alle ovaie, asbestosi, placche pleuriche e ispessimenti pleurici e loro complicanze cardiocircolatorie.

Legge 257/1992: bando dell’amianto ma bonifica a rilento

A più di 20 anni dall’entrata in vigore della legge 257 del 1992 che vietava l’estrazione, commercio e produzione di amianto in Italia, soltanto meno di 500mila tonnellate di materiali contenenti amianto sono stati bonificati. La rimanente grande parte continua e continuerà a contaminare il territorio e l’ambiente e a determinare nuove esposizioni, nuove patologie, nuovi lutti e tragedie. 

In Italia tutte le politiche del Governo e delle Agenzie Pubbliche, tra cui l’INAIL, approcciano il problema amianto solo sotto l’aspetto indennitario, e quindi intervengono quando la patologia è conclamata. Inoltre spesso negano il nesso causale e costringono le vittime a una lunga trafila, sia in sede amministrativa che eventualmente anche in sede giudiziaria, per potersi vedere riconosciuta l’origine professionale della patologia. Mentre per l’ONA è importante agire per via preventiva.

Bonifica amianto e il ruolo della prevenzione

La cancerogenicità dell’amianto è stata confermata dall’ultima monografia IARC. L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha evidenziato come l’unica modalità di controllo del rischio amianto sia la bonifica. Ha sostenuto infatti che tutte le forme di approccio “controllato” al problema, non sono efficaci.

In Italia, invece, si è optato proprio per un approccio controllato. La legge impone infatti di rimuovere le condizioni che possono permettere alle matrici di amianto compatto di rilasciare fibre nell’ambiente e di bonificare in caso di amianto friabile. Tuttavia, come ricordato dall’OMS, l’amianto compatto è pericoloso quanto quello friabile, nella misura in cui, con traumi accidentali e imprevedibili, possa subire delle rotture e rilasciare quindi fibre killer nell’ambiente. Queste tesi è confermata dall’ultima revisione del Consensus Report di Helsinki.

Inoltre è necessario un potenziamento degli strumenti della ricerca scientifica, al fine di costituire ulteriori strumenti terapeutici e maggiore sorveglianza sanitaria degli esposti (prevenzione secondaria). In questo modo, si otterrebbe un miglioramento della prognosi, cioè maggiori possibilità di guarigione o un maggior periodo di sopravvivenza e migliore qualità della vita.

Anche l’approccio epidemiologico e della tutela giuridica ha un ruolo centrale. Attraverso di esso la vittime e i familiari possono ottenere le prestazioni a cui hanno diritto, come l’indennizzo o rendita INAIL, i benefici contributivi e il risarcimento dei danni.

Servizi di assistenza tecnica, medica e legale

Per far fronte all’emergenza dell’amianto, l’ONA sostiene le vittime i loro familiari attraverso un servizio di assistenza medica e psicologica. Inoltre, grazie al team dell’Avv. Bonanni, si occupa anche di salvaguardare i diritti tramite l’assistenza legale. Per ottenere la propria consulenza gratuita basta chiamare il numero verde o compilare il form.

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