In questa guida scopriamo cos’è un disastro ambientale e quali sono le caratteristiche per definirlo tale. Approfondiamo cosa sono dal punto di vista naturalistico e giuridico e penale. Inoltre ripercorreremo alcuni dei disastri ambientali che hanno coinvolto l’Italia.
Indice dei contenuti
Un disastro ambientale dopo l’altro ha caratterizzato la storia italiana, a partire dalla rivoluzione industriale. I responsabili dei disastri ambientali sono molto spesso le ecomafie.
L’ONA-Osservatorio Nazionale Amianto ha spesso denunciato, grazie all’azione del suo presidente, l’Avvocato Ezio Bonanni, casi di disastro ambientale. Sono molti, infatti, i siti contaminati in Italia. In questi luoghi molti lavoratori hanno subito gravi danni alla propria salute. Per questo l’associazione è in prima linea per difendere tutte le vittime.
Cos’è un disastro ambientale? Il disastro ambientale si differenzia dal disastro naturale e dall’inquinamento ambientale. Perché il fenomeno possa essere definito disastro ambientale deve avere una vasta ricaduta su ambiente e salute degli organismi che lo abitano, compreso l’uomo. In particolare deve risultare catastrofico per assumere quello di disastro significato in base a:
Quando le cause del disastro sono da rintracciarsi nelle attività umane si parla di disastro ambientale. Quando invece le cause sono naturali viene definito disastro naturale o calamità naturale. Il confine tra i due però può essere labile. Molto spesso i disastri naturali sono infatti amplificati dalle attività antropiche. Per esempio la deforestazione in una determinata area può trasformare una pioggia di bassa intensità nell’artefice di una frana devastante e, quindi, di un disastro.
Prima dell’introduzione della L. 68/2015 non esisteva nel nostro ordinamento un precetto che potesse direttamente tutelare il bene “ambiente”. In giurisprudenza veniva usato quindi il delitto di “disastro innominato”, previsto all’art. 434, comma 2, c.p., a presidio dei fatti più gravi di inquinamento ambientale che non rientravano nell’elenco dei disastri previsti dallo stesso articolo 434 c.p. I Giudici della Corte Costituzionale lo avevano definito come un evento distruttivo in grado di produrre effetti dannosi gravi e costituente un pericolo per la vita e l’incolumità fisica di un numero indeterminato di persone.
Poi la legge 22 maggio 2015, n. 68, ha introdotto una riforma di ampio respiro del diritto penale dell’ambiente. Questa riforma ha permesso l’adeguamento dell’ordinamento italiano alla normativa europea in materia di ambiente, in particolare alla direttiva 2008/99/CE. Quest’ultima aveva strutturato l’apparato sanzionatorio su fattispecie causali di danno o di pericolo concreto e non su pericoli astratti, come la legge italiana fino ad allora.
Il Titolo VI bis, nel Libro II, è dedicato ai Delitti contro l’ambiente e introduce cinque figure delittuose legate all’ambiente:
Il delitto di disastro ambientale è disciplinato dall’art. 452-quater c.p. Esso prevede che:
“Fuori dai casi previsti dall’articolo 434, chiunque abusivamente cagiona un disastro ambientale è punito con la reclusione da cinque a quindici anni. Costituiscono disastro ambientale alternativamente:
Quando il disastro è prodotto in un’area naturale protetta o sottoposta a vincolo paesaggistico, ambientale, storico, artistico, architettonico o archeologico, ovvero in danno di specie animali o vegetali protette, la pena è aumentata”.
A differenza del disastro innominato, il reato di disastro ambientale è punibile indipendentemente dalla lesione o messa in pericolo della vita umana. La componente ambientale viene vista così in un’ottica eco-centrica della tutela stessa e slegata dal punto di vista antropocentrico.
Il reato di inquinamento ambientale e quello di disastri ambientali Italia sono disciplinati rispettivamente dagli articoli 452-bis c.p. e 452-quater c.p., entrambi introdotti dalla legge 68 del 22 maggio 2015 (Disposizioni in materia di delitti contro l’ambiente).
Per il primo è prevista la reclusione da due a sei anni e la multa da euro 10.000 a euro 100.000 per chiunque abusivamente cagioni una compromissione o un deterioramento significativi e misurabili delle acque o dell’aria, o di porzioni estese o significative del suolo o del sottosuolo, di un ecosistema, della biodiversità, anche agraria, della flora o della fauna. Invece, per il secondo è prevista la reclusione da cinque a quindici anni.
Non sempre è facile distinguere il reato di inquinamento ambientale da quello di disastro ambientale. La sentenza della Corte di Cassazione Penale, Sez. III, n. 46170 del 3 novembre 2016, ha fatto chiarezza sottolineando come la reversibilità o meno del fenomeno inquinante sia un elemento fondamentale per distinguere le due fattispecie.
Il termine “ecoreato“, invece, è un termine di derivazione giornalistica. Indica tanto i disastri naturali quanto il reato di inquinamento ambientale, purché si intenda una deturpazione ambientale ed ecologica.
La parola ecomafia è un neologismo coniato da Legambiente. Viene usata per definire le attività illecite da parte di organizzazioni criminali a stampo mafioso che provocano danni all’ambiente. Le attività delle ecomafie comprendono abusivismo edilizio, smaltimento illegale di rifiuti, incendi boschivi e illegalità su vasta scala degli alimenti. Il business delle ecomafie è un business milionario secondo solo a quello della droga.
Il Rapporto di Legambiente sulle ecomafie del 2021, nonostante il calo dei controlli effettuati dalle forze dell’ordine in relazione alla pandemia da Covid-19, evidenzia che i crimini ambientali sono stati lo 0,6% in più rispetto all’anno precedente.
“Sempre alta l’incidenza dei reati ambientali nelle quattro regioni a tradizionale presenza mafiosa, Sicilia, Campania, Puglia e Calabria, dove sono stati 16.262 (il 46,6 per cento del totale), con 134 arresti: nel 2019 erano stati soltanto 86. Nel complesso, il mercato illegale pesa sull’economia per 10,4 miliardi di euro”.
Si aggiungono 4.233 reati relativi agli incendi boschivi (+8,1%) e 8.193 quelli contro gli animali. L’aggressione alle risorse ambientali del Paese si traduce in un giro d’affari che solo nel 2018 ha fruttato all’ecomafia ben 16,6 miliardi di euro, 2,5 in più rispetto all’anno precedente.
Numerosi sono gli ecoreati che si sono susseguiti nel nostro Paese in relazione allo smaltimento di rifiuti speciali. Attraverso il rogo e lo smaltimento illegale di rifiuti tossici o radioattivi si sono causati numerosi disastri ambientali.
L’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) riporta i numeri che riguardano il rogo dei rifiuti da parte delle ecomafie. Una tonnellata di rifiuti bruciati produce ben 1,8 tonnellate di CO2. Ogni tonnellata, per essere smaltita, prevede un costo tra i 160€ ai 240€.
Tra gli esempi di disastro ambientale c’è quello della discarica di Trebiciano, inaugurata nel 1958 a Trieste. Qui, fino agli anni ’70, furono conferiti in modo incontrollato rifiuti di ogni genere, contaminando le acque del sottostante fiume sotterraneo Timavo. Invece, nel 1979 a La Spezia inizia il conferimento di rifiuti nella discarica di Pitelli, dove verranno conferiti abusivamente anche rifiuti tossici.
Dal 1994 inizia a manifestarsi la crisi dei rifiuti in Campania, che da allora si è ripetuta periodicamente ed è tuttora parzialmente irrisolta. Sono molti i morti per tumori e altre patologie nell’area nota come Terra dei Fuochi, a causa dello sversamento nell’ambiente di rifiuti tossici industriali e della combustione incontrollata di rifiuti, con il coinvolgimento della camorra nelle attività di smaltimento dei rifiuti.
Nel 2007 nel bacino idrografico della Val Pescara si scopre una decennale attività di occultamento di rifiuti tossici che ne fa la discarica abusiva di rifiuti tossici maggiore d’Italia.
Nel 2016 c’è stata una crescita esponenziale degli ecoreati legati ai rifiuti nel Nord Italia. Il nome dell’operazione di polizia che ha portato al sequestro di ben 4 aziende, con 29 persone indagate per crimini ambientali, è stato Escalation: 180.000 tonnellate di rifiuti, tra cui anche rifiuti speciali.
A Cogoleto l’aumento della mortalità per tumori è causato dalla Stoppani, con 92.000 m³ di fanghi tossici stoccati nella discarica di Pian di Masino, contenenti elevate quantità di metalli pesanti. Le concentrazioni di cromo esavalente nelle acque di falda sono risultate 64.000 volte superiori al limite.
In Italia i cosiddetti Siti di Interesse Nazionale (SIN), sia a terra sia in aree marine, individuati in base alla quantità e pericolosità degli inquinanti presenti e del loro impatto ambientale, devono ancora essere bonificati. La superficie complessiva a terra dei SIN è di circa 170.000 ettari e rappresenta lo 0,57% della superficie del territorio italiano. L’estensione complessiva delle aree a mare ricomprese nei SIN è di circa 77.000 ettari. L’ISPRA aggiorna costantemente il numero di questi siti.
Tra i siti da bonifica appare anche Biancavilla in Sicilia, sede di una miniera a cielo aperto di fluoro-edenite, un minerale asbestiforme come i minerali di amianto. Infatti anch’esso provoca malattie amianto correlate, come il mesotelioma. Dopo la messa al bando dell’amianto, avvenuta con la legge 257 del 1992, le esposizioni continuano a causa del cogente ritardo nella bonifica dei siti contaminati, come denuncia “Il libro bianco delle morti di amianto in Italia – Ed. 2022“.
La lista dei disastri ambientali che coinvolge il nostro Paese è lunga. Oltre ai disastri ambientali causati dalle ecomafie e dallo smaltimento illecito dei rifiuti tossici, ha un grande primato in disastri ambientali il settore industriale, ma anche quello militare gioca un ruolo di primo piano.
Per esempio vi è il caso del Poligono sperimentale di addestramento interforze del 2011, dove l’uso di proiettili a uranio impoverito nelle esercitazioni militari sarebbe stato responsabile di molti casi di tumori, leucemie e altre gravi patologie fra la popolazione civile. L’utilizzo di uranio impoverito usato nelle esercitazioni militari provoca danni ai reni, pancreas, stomaco e intestino, e ha effetti citotossici, carcinogeni e teratogeni.
Il primo della lunga lista di disastri ambientali che hanno visto protagonista l’Italia è quello causato dall’amianto. Nel 1906 è iniziata, a Casale Monferrato, la produzione di fibrocemento Eternit, da parte dell’omonima ditta svizzera. Le lavorazioni porteranno a molti morti tra i lavoratori, i loro familiari e i residenti nei pressi dello stabilimento.
Oltre al mesotelioma (pleurico, peritoneale, pericardico e della tunica vaginale del testicolo), manifestarono asbestosi, il tumore ai polmoni, alle ovaie, laringe, faringe, colon retto e altre patologie amianto correlate. Infatti i minerali di asbesto, sia serpentini sia anfiboli, sono dei potenti cancerogeni, come ribadito nell’ultima monografia IARC.
L’Avv. Ezio Bonanni è stato difensore di parte civile nel processo Eternit I fin dal 2004, data di inizio delle indagini. Nel primo grado (sentenza del Tribunale di Torino 13.02.2012), il magnate è stato condannato per il reato di disastro ambientale. In secondo grado (Corte d’Appello di Torino 03.06.2013), la sua condanna è stata estesa alle statuizioni civili, anche per altre vittime rispetto a quelle di primo grado.
Dopo l’assoluzione del magnate svizzero Stephan Schmidheiny, nel processo Eternit, per prescrizione, l’Avv. Ezio Bonanni e l’ONA hanno organizzato nell’immediato l’assemblea pubblica a Casale Monferrato e si sono costituiti parte civile nel processo Eternit bis (in fase dibattimentale sia a Torino sia a Napoli), chiedendo la condanna di Stephan Schmidheiny alla pena di giustizia.
Ha trattato la questione del processo Eternit l’Avv. Ezio Bonanni durante la conferenza di Casale Monferrato del 16.02.2015.
Il processo Eternit è tutt’ora in corso. Il 2 marzo 2022 la Procura di Napoli ha chiesto per l’imputato 23 anni e 11 mesi di reclusione. Ma Stephan Ernest Schmidheiny, accusato della morte per amianto di 6 lavoratori e altre 2 persone, è stato condannato soltanto per uno di questi decessi. Il reato, da omicidio volontario, è stato derubricato, nella sentenza del processo Eternit bis Napoli, in colposo e l’imprenditore magnate dell’Eternit ha avuto una pena a 3 anni e 6 mesi di reclusione.
Approfondisce ancora la questione durante la conferenza di Torino “Eternit: il processo del secolo” del 26.10.2016. Proprio in questa occasione l’Avv. Bonanni chiarisce come “la condotta nel disastro ambientale sia la messa in pericolo della salute di un determinato numero di cittadini, la condotta dell’omicidio è quando si determina la morte di alcuni cittadini“.
Nel 1918 inizia lo sfruttamento dell’amiantiera di Balangero che continuerà fino al 1990, causando molte vittime fra lavoratori e residenti nella zona.
L’industria è stata ed è protagonista di enormi disastri ambientali. Nel 1916 è la volta del mercurio che coinvolge lo stabilimento Rosignano Solvay per la produzione di soda caustica e successivamente di altri prodotti chimici. Dalla data di apertura dello stabilimento vengono scaricate in mare sostanze tossiche (arsenico, cadmio, nichel, piombo, zinco, cloroetano e soprattutto mercurio). Questi scarichi hanno creato il fenomeno delle spiagge bianche di Rosignano.
Nel 1926 al Lago d’Orta inizia l’inquinamento dovuto a scarichi di solfati di rame e ammonio di una industria tessile per la produzione di rayon con il processo cupro-ammoniacale. In pochi anni il lago diventa invivibile per la maggior parte degli organismi pelagici e bentonici.
Nel 1932 a Brescia, presso lo stabilimento chimico Caffaro, acquisito dalla Monsanto, inizia la produzione di policlorobifenili, causando gravissimi problemi d’inquinamento ambientale e gravi malattie tra lavoratori e residenti nei dintorni. La produzione continuò fino al 1983, quando i policlorobifenili furono vietati in Italia.
Dal 1970 a Porto Marghera le industrie chimiche della zona riversano cloruro di vinile monomero, idrocarburi clorurati e metalli pesanti nella laguna. I responsabili dei fatti, processati negli anni 2000 e con sentenza di Cassazione a maggio 2007, godono della prescrizione dei reati commessi.
Nel 1956 ad Augusta entrò in funzione il polo petrolchimico siracusano che provocò gravissimi danni ambientali e un incremento delle malformazioni e dei tumori tra gli abitanti della zona.
Dal 1962 a Savona l’ACNA (Azienda Coloranti Nazionali e Affini) riversa nell’ambiente ingenti quantità di anidride solforosa, benzene e fenoli, sterilizzando una vasta area. Nel 1988 un incidente induce il Ministro dell’Ambiente, Giorgio Ruffolo, a decretare una prima chiusura dell’impianto, che poi definitivamente cesserà l’attività nel 1997.Nel 1965 entrò in funzione il polo petrolchimico di Gela che continua a causare un forte inquinamento ambientale e la distruzione dell’ecosistema costiero.
Infine nel 1964 a Taranto entrò in funzione il primo altoforno dello stabilimento siderurgico costruito dall’Italsider, poi ILVA, dal quale fuoriuscirà una quantità di diossine superiore a quella fuoriuscita a Seveso in 50 anni di attività. A Taranto continuano i tumori, in particolare nel quartiere Rione Tamburi, mentre l’avvelenamento del bestiame e delle cozze ha provocato la rovina degli allevatori e dei mitilicoltori.
L’ILVA di Taranto è una delle pagine più buie del nostro Paese e l’inquinamento continua, anche dopo il sequestro del sito industriale nel 2012. Più volte i giudici hanno sottolineato come l’azienda abbia portato avanti l’idea del profitto, nonostante da tempo conoscesse i pericoli legati alla produzione dell’acciaio con quel processo e quelle attrezzature. Su questo argomento è intervenuto l’Avvocato Ezio Bonanni, durante l’incontro “Danno da amianto, tutela preventiva, previdenziale e risarcitoria!” del 27.11.2021.
Varie indagini e studi scientifici hanno messo in luce una forte correlazione tra i fenomeni criminogeni e il numero di malati oncologici. Basti pensare al territorio campano dove esiste un luogo nominato il “triangolo della morte” in cui il tasso di mortalità dovuto al cancro è altissimo.
I disastri ambientali causati dalle industrie chimiche hanno indotto un aumento della mortalità per tumore e altre gravi malattie, diverse a seconda delle sostanze coinvolte causato dal disastro. L’inquinamento delle falde acquifere causato dai disastri ambientali causa e continua a causare malattia.
Per questo l’ONA ha tra gli obiettivi la tutela dell’ambiente. Sono un ambiente sano è il preludio per una vita sana dei cittadini. Sono molte le vittime di esposizioni a luoghi contaminati che subiscono danni irreversibili alla propria salute. A loro sono rivolti i servizi gratuiti di assistenza medica e assistenza legale. Per avere maggiori informazioni e richiedere subito la propria consulenza gratuita basta chiamare il numero verde o compilare il form.