In questa guida scopriamo quali sono i diritti delle vittime di questa malattia e in particolare come funzionano i benefici contributivi. Chi ne ha diritto? Come ottenerli?
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Le vittime di mesotelioma e di altre patologie asbesto correlate dovuti all’esposizione ad amianto hanno diritto a determinati benefici contributivi amianto. Il mesotelioma è un tumore molto aggressivo causato dall’esposizione alle fibre di amianto, sinonimo di asbesto.
Le vittime di questo pericoloso cancerogeno sono salvaguardate dall’ONA – Osservatorio Nazionale Amianto e dal suo presidente, l’Avv. Ezio Bonanni.
Il mesotelioma è un tumore che colpisce le cellule del mesotelio, un tessuto che riveste la superficie delle membrane sierose. Queste avvolgono la parete interna del torace (pleura), dell’addome (peritoneo), del cuore (pericardio) e del testicolo (tunica vaginale). Queste membrane sono dei foglietti sottilissimi che scorrono grazie alla presenza di un liquido che impedisce l’attrito.
A seconda della membrana sierosa coinvolta esistono diversi tipi di mesotelioma: il mesotelioma pleurico, il mesotelioma peritoneale, quello pericardico e della tunica vaginale del testicolo. Il primo è quello più frequente e comprende il 93% dei casi, mentre quello del peritoneo coinvolge il 5% dei casi e, infine, gli altri tipi sono più rari (pari a circa 1% dei casi ciascuno).
Il mesotelioma è causato sempre dalle fibre di asbesto, tanto da essere considerato un marcatore sociale della presenza di amianto. Si sviluppa attraverso i cosiddetti meccanismi della cancerogenesi in seguito all’esposizione alle fibre di amianto. Infatti una volta inalato o ingerito, l’asbesto provoca fenomeni infiammatori (asbestosi, placche pleuriche e ispessimenti pleurici) che possono portare alle sviluppo di neoplasie. La più grave manifestazione è appunto il mesotelioma.
Il numero dei casi di mesotelioma, nonostante la messa al bando dell’amianto con la Legge 257/92, è in costante aumento, come dimostra il VII rapporto RENAM. Questa situazione di emergenza è denunciata anche dall’Avv. Bonanni in “Il libro bianco delle morti di amianto in Italia-Ed.2022“.
Purtroppo il mesotelioma è una patologia particolarmente aggressiva e in molti casi le aspettative di vita sono basse. Per questo è importante la diagnosi precoce, che permette la tempestività delle terapie. Inoltre l’ONA ha ideato uno specifico protocollo per la diagnosi e il trattamento riguardo la cura del mesotelioma.
L’Avv. Ezio Bonanni, al convegno “Amianto, Stato dell’arte a 25 anni dalla legge 257/92”, fa il punto sulla situazione attuale della fibra killer in Italia con i dati effettivi riguardo:
L’Avv. Ezio Bonanni, nel corso del suo intervento, ha ribadito che il ruolo fondamentale, è quello della prevenzione primaria. Infatti l’unico modo per eliminare ogni rischio alla salute è evitare qualsiasi esposizione. I benefici contributivi sono solo una misura preventiva e, in qualche caso, indennitaria, per chi è stato già esposto alla fibra killer. Tuttavia, lo strumento effettivamente risolutivo è quello della bonifica.
L’Osservatorio Nazionale Amianto ha organizzato un servizio di assistenza medica gratuita e istituito un vero e proprio dipartimento dedicato ai malati di mesotelioma.
Inoltre l’associazione guida le vittime nel riconoscimento della malattia professionale grazie all’assistenza legale. Spesso infatti le esposizioni a questo pericoloso cancerogeno si subiscono sul luogo di lavoro. In questo caso si può richiedere la rendita INAIL, le prestazioni previdenziali e il totale risarcimenti danni.
In caso di decesso della vittima, la rendita INAIL è reversibile agli eredi legittimi del deceduto, così come tutti i diritti, i risarcimenti e benefici maturati in vita.
Le vittime di mesotelioma hanno diritto ai benefici contributivi amianto (art. 13, co.8, L. 257/92). Queste sono delle maggiorazioni contributive con il coefficiente 1,5, applicato al periodo di esposizione ad amianto. In questo modo, quindi, i lavoratori esposti ad amianto possono ottenere una maggiore anzianità contributiva pari al 50%, utile per il prepensionamento amianto.
Come esempio di calcolo rivalutazione contributiva amianto si può considerare il caso in cui, se si ha lavorato per 20 anni, di cui 12 anni in esposizione ad asbesto, il periodo utile ai fini del diritto alla pensione sarà di 26 anni (12 x 1,5 + 8 anni).
Per coloro che sono già in pensione, questi benefici permettono la ricostituzione della posizione contributiva e la riliquidazione della pensione, con ratei adeguati e rivalutati. Devono ottenere anche il pagamento delle differenze sui ratei medio tempore maturati.
Per chi, invece, pur con i benefici contributivi, non riesce a maturare il diritto a pensione, può richiedere la pensione d’inabilità amianto.
Nel corso del seminario “Esposizione all’amianto: responsabilità civile e penale”, che si è tenuto il 17 dicembre 2016 presso il Tribunale di Taranto, organizzato dall’Osservatorio Nazionale Amianto e dall’Avv. Ezio Bonanni, con l’Ordine degli Avvocati di Taranto e la Scuola Forense di Taranto, sono state illustrate le modalità per ottenere l’accredito delle maggiorazioni contributive per esposizione ad amianto.
La rivalutazione contributiva ha la sua ratio nel diritto al ristoro del danno da esposizione ad amianto. Infatti, le fibre sono cancerogene, e come tali, anche in seguito al ritardo con cui lo Stato Italiano ha posto al bando la fibra killer, vi è diritto all’indennizzo e al ristoro del pregiudizio sofferto, anche a prescinedere dall’insorgenza o meno di una patologia asbesto-correlata. Infatti tale esposizione provoca, comunque, uno stato infiammatorio e displasico (Cass., IV Sez. Pen. n. 45935/2019).
Queste maggiorazioni contributive INPS, in forza delle quali i lavoratori possono ottenere la rivalutazione della posizione contributiva con il coefficiente 1,5, utile a maturare preventivamente il diritto a pensione e rivalutare le prestazioni eventualmente già in godimento, devono essere concesse anche senza patologia asbesto correlata.
Secondo l’art. 13, co.8, L. 257/92 tutti i lavoratori esposti a lungo all’amianto hanno diritto ai benefici contributivi amianto dell’INPS. Nel caso in cui non abbiano contratto una malattia causata dall’esposizione, come il mesotelioma, è necessario dimostrare l’esposizione ultradecennale e superiore alle 100 ff/ll, nella media delle 8 ore lavorative per ogni anno e per oltre 10 anni. L’avente diritto deve riuscire a renderne la prova, pur con elevato grado di probabilità.
Per coloro che invece hanno già contratto una malattia asbesto correlata (mesoteliomi, placche pleuriche, asbestosi, tumore al polmone, neoplasia della laringe, cancro alle ovaie o altri carcinomi) non sussiste il limite minimo di esposizione dei 10 anni, ovvero l’onere di dimostrare il superamento delle 100 ff/ll (art. 13 comma 7 L. 257/92). Hanno diritto ai benefici amianto anche i lavoratori affetti da malattie asbesto correlate, riconosciute dall’INAIL, con un grado invalidante inferiore al 6%.
L’art. 13 della Legge 257/1992, per far fronte alla crisi occupazionale legale alla dismissione dell’utilizzo dei minerali di amianto e per indennizzare i lavoratori esposti anche nel caso di assenza del danno biologico (Cassazione Sez. Lav. 25000/2014), ha riconosciuto gli indennizzi contributivi, distinguendo le diverse fattispecie:
Come calcolare la soglia di esposizione ad amianto a 100ff/l ed ottenere la condanna dell’INPS all’accredito dei benefici contributivi amianto? Per dimostrare un’esposizione a una soglia maggiore di 100 fibre/litro di polveri e fibre di amianto si utilizza la legge scientifica elaborata dall’INAIL, cui vanno aggiunti i valori della banca dati Amyant INAIL.
Così facendo si può effettuare il calcolo complessivo dell’esposizione con cui dimostrare il superamento della soglia delle 100 ff/ll per ogni anno e per oltre 10 anni.
L’art. 13, co. 8, L. 257/92 ha subito, nel tempo, diverse modificazioni. Con l’art. 47, L. 326/03, le maggiorazioni contributive sono state ridotte con il coefficiente 1,25, valido solo ai fini dell’adeguamento dell’entità della prestazione, e con il termine di decadenza per coloro che non hanno depositato la domanda all’INAIL entro il 15.06.2005, salvi i casi di cui all’art. 47, co. 6bis, L. 326/03, e di cui all’art. 3, co. 132, L. 350/03:
Per coloro che sono stati soltanto esposti a polveri e fibre di amianto, per più di 10 anni, e per i quali non trova applicazione la precedente e più favorevole normativa (art. 13 comma 8 L. 257/92), il coefficiente di maggiorazione amianto è ridotto ad 1,25, rispetto al coefficiente originario di 1,5.
In questo caso il coefficiente è utile ai soli fini della rivalutazione della prestazione, senza possibilità di prepensionamento per amianto (art. 47 co. 1 della L. 326 del 2003). Inoltre presuppone l’onere di depositare presso l’INAIL la domanda di certificazione di esposizione entro e non oltre il 15.06.2005 e di dimostrare il superamento della soglia di esposizione delle 100 ff/ll nella media delle 8 ore lavorative per ogni anno e per oltre 10 anni.
L’art. 47 della L. 326/2003 riporta la decadenza per coloro che non avessero presentato la domanda all’INAIL prima del 15.06.2005. Tuttavia, recentemente, la Corte di Cassazione, sezione lavoro, con sentenza n. 2243/2023, ha affermato il principio della non applicabilità del termine di decadenza del 15.06.2005, facendo riferimento ai pensionati collocati in quiescenza prima dell’entrata in vigore della L. 326/2003.
Nello specifico la sentenza, depositata il 25.01.2023, ribadisce come in molti casi non sia necessaria la domanda all’INAIL.
Il DM 27.10.2004 ha ricompreso tutte le attività lavorative che comportano esposizione ad asbesto. Inoltre l’art. 4 del DM 27.10.2004 prevede il divieto di cumulo. Ciò significa che non è possibile cumulare i benefici del DM 27.10.2004 con altri che anticipino il diritto a pensione. Per esempio non si possono aggiungere quelli spettanti ai lavori usuranti, per servizi di confine e per i servizi prestati dai lavoratori portuali. Perciò, al momento del pensionamento il lavoratore dovrà scegliere se usufruire dei benefici di cui al DM 27.10.2004 o ad altri benefici.
Tuttavia, non rientrano nel divieto di cumulo i benefici previdenziali dovuti ad un particolare status del lavoratore (invalido, non vedente, sordomuto) o derivanti da particolari infermità di oggetto di tutela previdenziale.
La L.257/92 ha messo al bando i minerali di amianto e ha indennizzato i lavoratori esposti con le cosiddette maggiorazioni contributive. Non sempre l’INAIL ha riconosciuto questi diritti e ne è nato un enorme contenzioso.
Il problema della prova del superamento o meno della soglia delle 100 ff/ll, con l’utilizzo della legge scientifica/algoritmo: E= Σ(cᵢ * hᵢ)/hanno (tratta dall’ente tedesco Hauptverband der Berufsgenossenschaften), e l’applicazione della banca dati Amyant, secondo i principi sanciti di cui a Cass., Sez. Lav., 6543/2017, ha determinato un enorme contenzioso giudiziario.
Infatti, l’INAIL, il più delle volte, ha rilasciato certificazione negativa, cioè ha rigettato la domanda amministrativa di certificazione di esposizione ad amianto. Quindi, l’avente diritto ha dovuto ricorrere al Giudice del Lavoro.
Per risolvere questo contenzioso il Ministero del Lavoro ha emanato gli atti di indirizzo ministeriali.
Con questi atti ha conferito delle linee guida all’INAIL per permetterne il rilascio della certificazione di esposizione per i lavoratori, in modo tale che tale certificazione potesse essere depositata all’INPS per ottenere le maggiorazioni contributive ex art. 13, co. 8, L. 257/92. Infatti, con l’atto di indirizzo ministeriale, ha assunto il valore giuridico anche di prova in sede giurisdizionale (art. 18, co. 8, L. 179/2002).
Gli atti di indirizzo non contengono rilievi tecnici e non risultano formulati sulla base di accertamenti. Inoltre non contengono delle prescrizioni specifiche, limitandosi a dettare le linee cui l’INAIL avrebbe dovuto attenersi (e alle quali non si è attenuta, come dimostrano le numerose sentenze di condanna degli enti previdenziali emesse in seguito ai numerosi ricorsi con i quali i lavoratori hanno dovuto domandare tutela giurisdizionale dei loro diritti). Restano inoltre esclusi dai riconoscimenti gli addetti alle aree amministrative e ai servizi di supporto logistico.
I dubbi e i contrasti insorti in dottrina e in larga parte della giurisprudenza circa il valore legale e la legittimità degli atti di indirizzo ministeriali sono stati definitivamente superati con l’approvazione dell’art. 18, comma 8, della legge 179 del 2002.
Con l’art. 13 co.8 L. 179 del 2002 sono stati infine tutelati i lavoratori dei siti più contaminati, per i quali il Ministero del Lavoro ha accertato gli elevati livelli di esposizione ad amianto. Con l’art.1 co.20, 21 e 22 della L. 247 del 2007, il legislatore è intervenuto al fine di attribuire il diritto dei benefici amianto fino al 02.10.2003, ovvero all’inizio delle bonifiche, per i lavoratori che sono stati impiegati nei siti oggetto di atto di indirizzo ministeriale.
Il Ministro del Lavoro, con decreto del 12 marzo del 2008, ha cercato di circoscrivere l’applicabilità della normativa di cui all’art.1, co. 20, 21 e 22, della legge 247 del 2007, ai soli siti per i quali l’atto di indirizzo faceva riferimento all’esposizione fino al 31.12.1992, e di escludere tutti gli altri siti oggetto di atto di indirizzo.
Il decreto è stato impugnato dall’Avv. Ezio Bonanni, a titolo di legale di una serie di lavoratori e di associazioni. Così il TAR del Lazio ha accolto il ricorso dell’Avv. Ezio Bonanni. Il contenuto del ricorso al TAR è speculare a quello presentato alla Corte Europea per i diritti dell’uomo.
Il termine massimo per proporre ricorso all’INAIL prima della decadenza è di 3 anni dalla fine del procedimento amministrativo, che in tutto può durare al massimo 300 giorni.
La decadenza comporta l’estinzione totale del diritto e la perdita prepensionamento e aumento ratei pensione. Per questo motivo è preferibile iniziare il più presto possibile l’azione giudiziaria dopo il rigetto da parte dell’INPS ed entro i tre anni dalla fine del procedimento amministrativo (non oltre 3 anni e 300 giorni dal deposito della domanda amministrativa, come sancito dall’art. 47 del DPR 639 del 1970).
La giurisprudenza della Sezione Lavoro tende ad affermare la decadenza dal diritto alla rivalutazione contributiva ex art. 13, comma 8, l. 257/92, anche per coloro che sono in pensione, facendo decorrere il relativo termine dei 3 anni e 300 giorni dal deposito della domanda amministrativa.
La Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, a partire dalla sentenza amianto n. 25000 del 2014, ha radicalmente modificato la sua giurisprudenza. Ha infatti ritenuto che anche i benefici contributivi, in quanto indennizzi per l’esposizione ad amianto, fossero assoggettati alla prescrizione decennale (art. 2946 c.c.).
La decorrenza del termine iniziale di prescrizione del diritto ai benefici amianto parte dalla domanda all’INAIL, che doveva essere presentata entro il 15 giugno 2005 (Corte di Cassazione, Sezione VI, ordinanza n. 2856/2017).
L’ONA e l’Avv. Ezio Bonanni hanno sostenuto l’illegittimità costituzionale delle norme di prescrizione di benefici amianto sulla base del cosiddetto “diritto vivente” per tutelare i diritti dei lavoratori esposti ad amianto, di cui si assume la natura previdenziale. Se questi diritti sono ancorati all’art. 38 della Costituzione, è evidente la loro non assoggettabilità a prescrizione.
Chiamando il numero verde 800 034 294 o compilando il form si può ottenere una consulenza gratuita ed avvalersi dell‘assistenza medica, legale e psicologica gratuita di ONA. L’associazione è infatti in prima linea in Italia nella lotta al rischio amianto e nella tutela delle vittime e dei loro familiari.