Mesotelioma: il danno esistenziale

In questa guida scopriamo nel dettaglio in cosa consiste il mesotelioma e come si calcola il risarcimento dei danni, compreso il danno esistenziale, alle vittime di questa malattia e ai loro familiari.

Diritto al risarcimento del danno esistenziale

Le vittime di malattia asbesto correlata, come il mesotelioma, dovuta all’esposizione ad amianto sul luogo di lavoro hanno diritto all’integrale ristoro dei danni, tra cui il danno esistenziale. Il mesotelioma è un tumore molto aggressivo causato dall’esposizione alle fibre di amianto, anche detto asbesto.

L’ONA – Osservatorio Nazionale Amianto e il presidente, l’Avvocato Ezio Bonanni, assiste le vittime di tutti i mesoteliomi e di tutte le malattie causate dall’asbesto per ottenere la tutela dei propri diritti, come il totale risarcimento dei danni.

Diritti delle vittime: cos’è il mesotelioma?

Ma andiamo con ordine: che cos’è il mesotelioma? Il mesotelioma è un tumore che colpisce le cellule del mesotelio, un tessuto che riveste la superficie delle membrane sierose che avvolgono la parete interna di alcuni organi del corpo umano e che è causato dalle fibre di asbesto. A seconda della membrana sierosa colpita dalla neoplasia esistono diversi tipi di mesotelioma: il mesotelioma pleurico, il mesotelioma peritoneale, il tumore pericardico e il mesotelioma della tunica vaginale del testicolo.

Il mesotelioma si sviluppa attraverso i cosiddetti meccanismi della cancerogenesi in seguito all’esposizione alle fibre di amianto. Infatti inalare o ingerire queste fibre provoca prima fenomeni infiammatori (asbestosi, placche pleuriche e ispessimenti pleurici). Poi possono sviluppare grave neoplasie, come il mesotelioma. Il numero dei casi di mesotelioma in Italia è riportato nel VI rapporto ReNaM e in “Il libro bianco delle morti di amianto in Italia -Ed.2022“.

Data l’aggressività di questa patologia, si ha spesso un esito infausto. Per questo è importante ottenere una diagnosi precoce, che permette la tempestività delle terapie. L’ONA su questo ha creato un protocollo per la diagnosi e trattamento.

L’integrale risarcimento dei danni alla vittima

Il lavoratore malato ha diritto al totale risarcimento di tutti i danni, patrimoniali e non patrimoniali. Il danno patrimoniale include il danno emergente e il lucro cessante.

Invece i danni non patrimoniali includono la lesione biologica e psicobiologica (art. 32 Cost.), i danni conseguenti alla modificazione dell’identità personale e della personalità, alla lesione della dignità morale, alle sofferenze fisiche ed interiori (art. 2 e 3 cost.), fino alla sostanziale modificazione dei rapporti interpersonali, all’interno della famiglia e nella società e nei progetti di vita futura. Essi sono:

  • danno biologico;
  • pregiudizio morale; 
  • danno esistenziale.

I danni non patrimoniali devono essere quantificati con calcolo delle tabelle del Tribunale di Milano, con una personalizzazione che tenga conto dei danni morali ed esistenziali, oppure con criterio equitativo puro, in ogni caso ex artt. 432 c.p.c., 1226 c.c. e 2056 c.c.

Definizione di danno biologico e morale

Che cos’è il danno biologico? Il danno biologico è il pregiudizio per lesione della integrità fisica o psichica, permanente o temporaneo, risarcibile poiché l’art. 32 della Costituzione stabilisce espressamente che: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti”.

Invece la legge definisce il danno morale come “il patema d’animo o sofferenza interiore o perturbamento psichico, di natura meramente emotiva e interiore, danno morale soggettivo” (SS.UU. 26972/2008). Il danno morale, secondo le Sezioni Unite, è l’effetto penoso del danno, e quindi la lesione della dignità e la sofferenza legata all’inadempimento e all’illecito, conseguenza del danno biologico.

Nel calcolo danni non patrimoniali si deve tener conto, quindi, del turbamento transitorio che si lega all’evento e alla diagnosi di mesotelioma con sintomi fortemente invalidanti, che determinano un danno morale. Il danno morale si aggrava in seguito alla terapia e cura mesotelioma, spesso invasiva e con effetti collaterali invalidanti:

Danno esistenziale: cos’è e quali sono i requisiti?

Definizione danno esistenziale indica un pregiudizio di natura non patrimoniale che indica un peggioramento della qualità della vita della vittima, a causa di un evento lesivo. Il danno esistenziale, insieme a quello biologico e morale, fa parte del danno non patrimoniale (art. 2059 del codice civile). È quindi risarcibile indipendentemente da eventuali ripercussioni sulla capacità della vittima di produrre reddito (artt.138 e 139 del Codice delle assicurazioni private). Infatti le perdite economiche fanno parte della categoria dei danni patrimoniali.

Secondo danno esistenziale definizione, questo tipo di pregiudizio indica l’alterazione delle abitudini e degli assetti relazionali propri dell’individuo, sia all’interno sia all’esterno del nucleo familiare. Infatti, le modificazioni negative si ripercuotono anche sulle modalità di espressione e realizzazione della personalità nel mondo esterno. Le lesioni apparteneti al danno esistenziale coinvolgono i valori fondamentali della propria esistenza. Perciò è tutto ciò che può provocare forti disagi e alterazioni della personalità nella vittima, tali da cagionare un deterioramento o uno stravolgimento apprezzabile della qualità della sua vita sociale e delle sue abitudini personali.

requisiti che rendono un pregiudizio di natura esistenziale sono che:

  • il fatto deve essere lesivo di diritti inviolabili, costituzionalmente tutelati;
  • la lesione risulta di un certo rilievo;
  • il danno non corrisponde a mero disagio o fastidio.

Infatti, se nel danno esistenziale si intendesse includere pregiudizi non lesivi di diritti inviolabili della persona, tale categoria sarebbe del tutto illegittima. Simili pregiudizi sono irrisarcibili, come stabilito dal divieto previsto all’art. 2059 c.c. (Cass., 26972/2008).

Principali differenze tra danno morale ed esistenziale

Un pregiudizio esistenziale si distingue da quello morale. Infatti, seppur inseriti nella stessa categoria del danno non patrimoniale, si differenziano nettamente.

Il danno esistenziale è tangibile, concreto e visibile dall’esterno. Inoltre comporta l’impossibilità di svolgere attività abituali. Invece un danno morale rappresenta una sofferenza interiore della vittima. Perciò il danno morale non è assorbito nel danno esistenziale e viceversa. Si tratta di due voci autonome, non sovrapponibili, e andranno considerate distintamente (Cass., III Sezione Civile, sentenza 2788/2019).

Come dimostrare il danno esistenziale: onere della prova

La tipologia di pregiudizio esistenziale non è determinabile attraverso una perizia medico legale e non è quantificabile attraverso valori percentuali, come nel caso dell’invalidità permanente. Quindi spetta al danneggiato l’onere di provare in modo tangibile e oggettivamente accertabile il danno subito.

Nell’ambito della responsabilità civile, per l’accertamento del nesso causale tra condotta illecita ed evento di danno non è necessaria la dimostrazione di un rapporto di consequenzialità necessaria. Invece è sufficiente la sussistenza di un rapporto di mera probabilità scientifica.

Ne consegue che il nesso causale può essere ritenuto sussistente non solo quando il danno possa ritenersi conseguenza inevitabile della condotta, ma anche quando ne risulti conseguenza “altamente probabile e verosimile“, secondo la regola del “più probabile che non“.

La prova dell’entità del danno esistenziale

La prova dell’entità del danno è presuntiva e deve essere attinta anche attraverso il potere di indagine del consulente tecnico di ufficio (Cass. 16471/09; 21728/06 e 1901/2010 ed ex multis). Nella quantificazione dei danni si debbono considerare:

  • lo sconvolgimento che i fatti lesivi provocano nella vittima primaria e nei familiari;
  • la tipologia ed entità degli stati, temporanei e permanenti, di invalidità riportati dal danneggiato, parametri dai quali già di per sé si può dedurre il livello “minimo presuntivo” di incidenza delle lesioni sul piano della “sfera morale” del danneggiato;
  • dell’età e del sesso della vittima;
  • l’attività lavorativa o gli hobby svolti dal danneggiato, cui ha dovuto rinunciare a causa della patologia contratta;
  • l’essere stata vittima di un’ingiusta lesione della propria persona e della propria dignità umana;
  • i disagi e i fastidi patiti in relazione allo svolgimento delle attività quotidiane, modificate a causa dell’insorgere della malattia;
  • la necessità di affrontare operazioni chirurgiche riparatrici, esami invasivi o terapie riabilitative, con i relativi costi e stress;
  • le perdite di tempo e le frustrazioni incorse in visite mediche, sedute riabilitative, accertamenti medico-legali, sessioni con i propri avvocati;
  • l’essersi trovati costretti ad affrontare un iter stragiudiziale e giudiziale, con tutti i relativi stress.

Riconoscere il pregiudizio esistenziale: la giurisprudenza

Data la soggettività del pregiudizio di tipo esistenziale, non esiste una normativa unica. Negli anni la giurisprudenza si è divisa nel riconoscere o meno il risarcimento del danno esistenziale.

Per esempio, nel 2016, la Cassazione inizialmente ne esclude l’autonomia risarcitoria. “Non è ammissibile nel nostro ordinamento l’autonoma categoria del danno esistenziale inteso quale pregiudizio alle attività non remunerative della persona. Ove in essa si ricomprendano i pregiudizi scaturenti dalla lesione di interessi della persona di rango costituzionale, ovvero derivanti da fatti-reato, essi sono già risarcibili ai sensi dell’art. 2059 c.c., interpretato in modo conforme a Costituzione. Di conseguenza la liquidazione di un’ulteriore posta di danno comporterebbe una duplicazione risarcitoria” (Cass., sentenza 336 del 13.01.2016).

A distanza di pochi mesi, però, è sempre la Cassazione a mettere in discussione l’onnicomprensività del danno biologico. Il Giudice relatore, infatti, tenendo conto degli studi psicologici e psichiatrici, riconosce l’autonomia concettuale e risarcitoria del danno morale e del danno esistenziale. Il primo è collegato a un sentire interiore, il secondo al modo in cui un individuo percepisce se stesso in relazione con gli altri (Cass., sentenza 7766 del 20.04.2016).

Danno esistenziale ai familiari superstiti

In caso di decesso, i danni subiti dalla vittima devono essere liquidati ai suoi eredi, legittimi o testamentari. I familiari o coloro che avevano con la vittima un significativo rapporto subiscono pregiudizi morali, dinamico-relazionali e spesso economici. Perciò hanno diritto anche loro all’integrale risarcimento di tutti i danni, con quantificazione equitativa.

Le fonti normative del diritto all’integrale risarcimento di tutti i danni (SS.UU. 26972/08) sono costituite prima di tutto  dalle norme di cui agli artt. 2, 3, 4, 29, 30, 31, 32, 35, 36 e 41 II co. della Costituzione. Poi ci sono le norme dei Trattati Internazionali, come art. 1 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea, in relazione alla tutela della “integrità morale quale massima espressione della dignità umana“. Altri esempi sono la CEDU e i protocolli allegati, a pieno titolo norme di diritto comunitario, in base all’art. 6 del Trattato di Lisbona, come confermato dalla Corte di Cassazione, III Sez. Civ., sentenza n. 2352 del 2010.

In ultimo, le Sezioni Unite (22 luglio 2015, n. 15350), pur negando il risarcimento del danno per perdita della vita quale diritto autonomo, hanno in ogni caso confermato il principio del diritto al ristoro integrale di tutti i danni (SS.UU. n. 26972 e n. 26973 del 2008, a loro volta ricollegabili a SS.UU. 6572/2006), anche quelli sofferti dai familiari (Corte di Cassazione, III Sezione Civile, sentenze 8827 e 8828 del 2003).

Il rischio dei familiari di ammalarsi

Gli stessi familiari risultano esposti alle fibre di asbesto. Infatti il focolaio domestico risulta contaminato da tute e abiti da lavoro, spesso lavati in casa. Essi hanno diritto al risarcimento dei danni per esposizione familiare a polveri e fibre di asbesto, per lesione del loro diritto sancito dall’articolo 32 della Costituzione e al risarcimento dei danni morali. I familiari che si ammalano di mesotelioma per cause di esposizione ambientale e familiare hanno diritto inoltre ad un una tantum del Fondo Vittime Amianto.

Inoltre i familiari assistono impotenti all’agonia del proprio caro ammalto. Inoltre i lavoratori esposti alle fibre killer vivono nella preoccupazione e nell’incertezza del futuro, accompagnata dall’ansia dei controlli sanitari frequenti. Il lavoratore malato acquisisce la consapevolezza di aver esposto i suoi familiari a polveri e fibre di asbesto e del loro rischio di ammalarsi di una delle tante patologie asbesto correlate. Le patologie asbesto correlate hanno tempi di latenza molto lunghi, senza soglia minima al di sotto della quale rischio si annulla, per cui anche esposizioni poco intense possono essere letali, fino a 50 anni dopo le prime esposizioni.

Anche queste sofferenze fanno parte delle sofferenze morali che devono essere risarcite alle vittime.

Danni subiti dai congiunti: come richiederli?

Anche i familiari subiscono dei danni, prima di tutto per lesione del rapporto parentale, del legame affettivo e della serenità familiare (artt. 29, 30 e 31 della Costituzione), e poi anche patrimoniali, con la radicale modifica di tutti i programmi e progetti di vita.

Dall’esito infausto della malattia discendono ulteriori danni morali, che si sommano allo shock della diagnosi, alle lesioni subite nella vita quotidiana e nell’assistenza continuativa del malato, all’impotenza rispetto alla patologia e alla preoccupazione di ammalarsi in seguito.

Perciò i familiari del lavoratore ammalato ed eventualmente deceduto per mesotelioma hanno diritto al risarcimento di tutti i danni, sia patrimoniali che non patrimoniali, pregiudizio per la perdita del rapporto parentale, lesione del diritto alla serenità personale e familiare e per la radicale modificazione della loro esistenza e dei loro progetti di vita.

I familiari sono costretti a modificare completamente i loro progetti e stile di vita, annullare tutti gli impegni lavorativi e sociali, modificare completamente le abitudini e anche la loro stessa personalità.

Diritto all’integrale risarcimento: danno catastrofale

Il risarcimento integrale dei danni deve sempre essere corrisposto integralmente alla vittima e ai familiari congiunti. I familiari superstiti hanno diritto al risarcimento integrale spettante alla vittima deceduta e al risarcimento dei danni iure proprio.

Esistono diverse tipologie di pregiudizi, come il danno catastrofale. Cos’è il danno catastrofale? Il danno catastrofale è la sofferenza della vittima, lucidamente consapevole di dover morire a causa della malattia amianto, con cosciente attesa della morte. Il danno catastrofale è inteso come una componente del danno morale. Va dunque calcolato nella quantificazione personalizzata del danno subito, in un’ottica di risarcimento integrale e unico dei danni.

Che cos’è il danno biologico-terminale?

In caso di decesso la vittime e i suoi familiari hanno diritto al risarcimento del danno biologico terminale. La vittima ha diritto al risarcimento del danno biologico terminale anche nel caso in cui il lasso di tempo di sopravvivenza non fosse così elevato da far maturare il diritto al risarcimento del danno biologico nella sua integralità.

Il danno biologico terminale deve essere liquidato come invalidità assoluta temporanea, sia utilizzando il criterio equitativo puro che le apposite tabelle di Milano, ma con il massimo di personalizzazione in considerazione della entità e intensità del danno. L’importo è pari a circa € 1.000 per ogni giorno di durata dell’agonia (Cass. civ. Sez. lavoro, Ord., 02-02-2018, n. 2598).

La Corte di Cassazione, con sentenza n. 6691/2018, ha negato la risarcibilità del danno morale terminale, mentre ha accolto la domanda di risarcimento danno biologico terminale, che costituisce un diritto di credito trasmissibile iure hereditatis (Cass. 23/2/2004 n. 3549; Cass. 01/2/2003, n. 18305; Cass. 16/6/2003 n. 9620; Cass. 14/3/2003 n. 3728; Cass. 2/4/2001 n. 4783; Cass. 10/2/1999 n. 1131; Cass. 29/9/1995 n. 10271).

È stato altresì affermato che il danno biologico terminale, quale pregiudizio della salute, anche se temporaneo è massimo nella sua entità ed intensità (Cass. 23/2/2004 n. 3549), in quanto conduce a morte un soggetto in un sia pure limitato ma apprezzabile lasso di tempo (Cass. 23/2/2005, n. 3766).

Quantificazione dei danni con il sistema equitativo puro

La giurisprudenza ha stabilito che il danno non patrimoniale è unico e costituisce la sintesi dei vari pregiudizi. Il calcolo danno non patrimoniale deve tener conto della lesione biologica, della sofferenza fisica e morale e del cambiamento dei programmi e progetti di vita della vittima e dei suoi familiari. Deve essere unitario e personalizzato caso per caso e deve prevedere anche la liquidazione danno esistenziale.

I danni subiti dal lavoratore malato o dai superstiti possono essere quantificati anche con il criterio equitativo puro. Le norme di cui agli artt. 432 c.p.c. e/o 1226 c.c. e/o 2056 c.c. stabiliscono che è applicabile il criterio equitativo, ferma la condizione dell’integrale risarcimento (Cass., 20.2.2015, n. 3374, in D & G, 6, 2015, 55 ss.; Cass., 18.11.2014, n. 24473, in D & G, 19.11.2014; Cass., 18.11.2014, n. 23778, ined.; Cass., 8.7.2014, n. 15491, in D & G, 9.7.2014).

Servizi di assistenza per le vittime

L’ONA ha organizzato un servizio di assistenza medica e assistenza legale, utile anche al riconoscimento della malattia professionale, perché nella quasi totalità dei casi le esposizioni ad asbesto si sono verificate negli ambienti lavorativi. I lavoratori esposti hanno diritto alla rendita INAIL, ai benefici contributivi amianto, all’accesso al Fondo Vittime Amianto e alla causa di servizio, equo indennizzo e status di vittime del dovere, a seconda della normativa che inquadra la professione svolta.

In caso di morte della vittima, gli eredi possono richiedere determinate prestazioni. Infatti sono salvaguardati anche i diritti dei familiari superstiti.

Infine l’ONA si avvale del dipartimento di consulenza psicologica, coordinato dal Prof. Francesco Pesce, al fine di poter rilevare anche le lesioni e i danni psicologici, psicobiologici, morali ed esistenziali subiti dalla vittima e dai loro familiari.

Chiamando il numero verde 800 034 294 o compilando il form, si può ottenere una consulenza gratuita e avvalersi dell’assistenza medica, legale e psicologica gratuita di ONA, in prima linea in Italia nella lotta al rischio amianto.

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